Domenica 29 marzo 2020 – V Domenica di Quaresima – Ez 37, 12-14; Salmo 129; Rm 8, 8-11; Gv 11, 1-45

Testimone del duro esilio babilonese e sacerdote senza tempio dove officiare, Ezechiele spera ardentemente, proprio quando tutto sembra volgere al peggio. È il significato della “visione” profetica che prepara il vangelo odierno. Possiamo sempre emergere dalle nostre tombe per respirare in una terra di libertà come un seme sepolto che germoglia. Non bisogna avere fretta o aspettare miracoli impossibili. Prima di recarsi al sepolcro di Lazzaro, Gesù “perde” tempo: quattro giorni. Cioè il tempo ritenuto allora definitivo per la separazione dell’anima dal corpo, dopo i quali il defunto entrava nello Sheòl, oltretomba triste e irreversibile. Quando “non c’era più niente da fare”, con un pianto liberatorio e commosso, Gesù fece venir fuori dal sepolcro l’amico amato. “Lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti” vuole rendere partecipi anche noi della sua vittoria pasquale. Per questo “abita” in noi anche quando sembra che la vita e la speranza ci abbiano definitivamente abbandonati.