Che il nome derivi da camoscio, in francese appunto chamois, non ci sono dubbi. Anche perché se un tempo era difficile avvistarli ora si ha un bel da fare nel non farsi avvistare da loro. I camosci figliano come conigli, ma, visto che la caccia è proibita e che falchi, aquile e altri predatori volanti, lupi, volpi, linci e mammiferi similari hanno più difficoltà a partorire o covare, le valli sono invase da questo erbivoro delle vette che, non subendo selezione naturale, si auto distrugge generando animali sempre più deboli. Ci vuole una carta 1:50:000 per muoversi da queste parti e più che GPS e navigatore satellitare serve l’umiltà di chi conosce la montagna e la rispetta. Siamo in Valtournenche, la valle che porta al Cervino, e a Chamois si arriva a piedi oppure con la funivia che trascina per settecento metri di dislivello da Buisson, giù, sulla riva del Marmore, che scende inquieto per tuffarsi nella Dora a Chatillon. Terra di confine, l’intera regione. Che associa l’italiano alle reminescenze francesi e al patois; quasi canavesana, quindi parzialmente torinese, in bassa valle, attratta dal tedesco della confinante svizzera. Anche in tavola la contaminazione è senso della vita, come per tutte le genti alpine. Si fa con ciò che si ha, accontentandosi, ma ricavando da ingredienti poveri, piccoli capolavori. Come succede intagliando il legno che qui, come all’estremo est della Penisola, in Trentino-Alto Adige, è arte raffinata. Largo spazio quindi al latte, per preparare formaggi; alle castagne che non bisogna coltivare ma solo raccogliere, togliere dal riccio, pelare e confezionare; ai mille derivati dal maiale, bestia vituperata da chi ha, che ben si adatta a piccoli spazi, alimentazioni senza pretese, convivenze molteplici, figliolanze abbondanti, fine gloriosa in insaccati, arrosti, grassi da condimento e cottura; al granturco che cresce senza sole e assicura polenta; alle trote che abitano i torrenti delle valli. Chamois è anche sogno, cambiamento, voglia di correre e arrampicare. Come per il manager Pirelli che abbandonò l’ufficio, trent’anni fa, per gestire un rifugio sotto le cime.

Cosa vedere: si può apprezzare il piccolo borgo alpino di Chamois visitandolo rigorosamente a piedi: in questa località, infatti, le automobili sono bandite. Da ammirare la Cappella di Notre Dame de la Pitié, la Chiesa Parrocchiale di San Pantaleone e, in località Moulins, la Cappella della Trinità e san Rocco.